E' da molto tempo che non continuo la serie di post "Guida all'Investimento". L'ultimo post, di oltre un mese fa, riguardava la scelta dei fondi azionari, mentre il post precedente riguardava come scegliere una percentuale adeguata di bond e azioni nel proprio portafoglio: ovvero come determinare la propria asset allocation.
In questo quinto articolo della guida proverò a illustrare qualche concetto di base relativo alla parte obbligazionaria del vostro portafoglio.
Innanzitutto vi ricordo che la trattazione di questo articoletto riguarda esclusivamente quei soldi che stiamo investendo a lungo termine (diciamo in ottica previdenziale/di costruzione di un capitale) e non soldi accantonati per far fronte a specifiche passività (ad esempio l'acquisto di una nuova auto tra 3-4 anni). Per i secondi la scelta ottimale è sicuramente quella di singoli titoli obbligazionari la cui scadenza coincida con il momento in cui andremo ad effettuare la spesa, mentre per i primi vi sono diverse opzioni da considerare, tutte ugualmente valide.
Nella terza parte della guida avevamo fatto la scelta di un portafoglio al 70% azionario e al 30% obbligazionario.
Come dovremmo ripartire questo 30%?
E' ovvio che in un portafoglio come quello selezionato il grosso dei rendimenti sarà fornito dai fondi azionari che, storicamente, hanno sovraperformato i bond. Il ruolo delle obbligazioni in un portafoglio come questo non dev'essere quello di una ulteriore ricerca di rendimento, quanto quello di "guardiano" della nostra stabilità emozionale e finanziaria.
Molto spesso gli investitori tentano di massimizzare il rendimento delle singole componenti del loro portafoglio: questo può portare, nell'obbligazionario, alla ricerca di extra-rendimenti attraverso la sottoscrizione di titoli o fondi obbligazionari relativi a società (corporate) o società in difficoltà (junk-bonds, high-yield).
Una scelta di questo tipo può essere deleteria per la salute (mentale e cardiaca) di chi la effettua. Cercherò di spiegarmi meglio con un grafico.
Il grafico riassume gli ultimi 10 anni per quattro investimenti:
Appare subito evidente come la linea blu (HY) e la linea verde (azioni) viaggino abbastanza di pari passo. La correlazione tra le due aumenta nei momenti di maggior crisi.
Questo è esattamente quello che vogliamo evitare per il nostro portafoglio.. supponiamo di avere un portafoglio al 50% azionario e al 50% obbligazionario. Se le borse perdono il 40% (come nel 2009, infatti) non possiamo assolutamente permetterci di perdere un altro 40% con la nostra parte di portafoglio che deve limitare il rischio.
Una relazione simile sussiste anche per i titoli corporate, seppure in misura minore. La linea rossa, infatti, segue molto meno la linea verde (le azioni), ma vediamo che in alcuni momenti di crollo delle borse ha avuto la tendenza a scendere in negativo, anche in maniera importante.
Supponiamo che il consiglio del nostro promotore sia stato di investire in alcuni fondi obbligazionari tali da avere una proporzione di 50% corporate, 30% governativo, 20% HY. In una situazione come quella della crisi del 2009 (e vi sono evidenze simili anche in passato) avremmo avuto una perdita complessiva di circa il 10%, da sommarsi alla perdita dell'azionario. E' ovvio che tutto questo metterebbe a dura prova i nervi di qualsiasi investitore.
Se l'investitore in questione avesse invece investito i propri soldi in titoli governativi (Titoli di Stato) avrebbe avuto nel periodo iniziale del nostro grafico risultati positivi tra il 3% e il 4%, da fine 2007 a inizio 2010 rendimenti tra il -0,7% e il +5%, mentre nella crisi più recente avrebbe avuto una perdita massima della sua componente obbligazionaria del 4% (in un solo caso), con gli altri risultati tra il -0,7% e il 4%.
Estendendo il periodo di calcolo del rendimento rolling a 24 mesi non vi sono segni meno maggiori dello 0,5% per i governativi euro anche durante la crisi dei debiti sovrani.
Quali conclusioni trarre da queste considerazioni dunque?
Personalmente credo che sia più una questione di preferenze personali. Può avere senso includere HY in portafoglio (o corporate), ma ritengo che si debba ridurre di conseguenza l'allocazione azionaria, in maniera tale da non caricarci di rischi eccessivi. Stando ai risultati storici si tratta di una scelta non ottimale dal punto di vista dei rendimenti (le azioni hanno avuto rendimenti maggiori), ma in realtà nessuno sa cosa ci riserva il futuro, ad oggi.
Se non siete tranquilli ad avere una forte quota azionaria in portafoglio, può avere senso ridurla e cercare un extra-rendimento attraverso fondi HY. Avendo però ben chiaro che la somma delle due asset class deve garantirvi una perdita massima tollerabile dal punto di vista psicologico, e avendo sempre la massima cura nel mantenere una larga porzione in titoli "tranquilli" che fungano da cuscinetto e da trincea contro gli attacchi dei mercati alla vostra salute mentale.
Torniamo quindi al nostro investitore ipotetico che deve decidere come ripartire la quota obbligazionaria del proprio portafoglio. Avendo già un'allocazione del 70% azionaria è ovvio che deve mettere in portafoglio i titoli che gli forniscono maggiore sicurezza: si tratta di Titoli di Stato dei paesi più solidi, in euro.
Acquistare titoli in valuta estera permette maggiore diversificazione, ma nel nostro caso andrebbe ad aggiungere un rischio di cambio già presente nel portafoglio attraverso la quota azionaria. Meglio, quindi, attenersi alla sola valuta di riferimento.
Per quanto riguarda la durata dei titoli, è meglio non allungarla troppo. Un buon compromesso può essere un titolo con una scadenza tra i 5 e 10 anni. Allungando le scadenze solitamente si allungano i rendimenti, ma sono troppi i fattori che possono cambiare nel giro di 30 anni per correre un rischio simile, a mio parere.
Ad esempio, la curva dei rendimenti sui Bund tedeschi al 29 agosto 2012 era la seguente:
Dal grafico si può notare come il rendimento di un bond a 5 anni sia, ad oggi, dello 0,5%. Allungando la scadenza a 10 anni si incrementano i rendimenti di circa l'1%. Per avere un incremento di un ulteriore punto percentuale dei rendimenti bisognerebbe allungare le proprie scadenze di 20 anni!
La differenza di rischio è notevole. Un titolo a 5 anni ad oggi avrebbe una duration di circa 4,3, uno a dieci anni di circa 8,3, mentre il bund trentennale intorno a 20. La duration rappresenta, se mi passate la semplificazione, il tempo nel quale il bond vi ha ripagato il vostro investimento iniziale. Ma la duration vi serve anche per un'altra cosa: stimare il rischio del titolo. Ipotizziamo un aumento dei tassi (prima o poi dovrà succedere) dell'1%. Il titolo con duration 4,3 vi farà perdere all'incirca 4 punti percentuali. Quello con duration 8,3 circa 8 punti percentuali. Ma quello con duration 20 potrebbe farvi perdere fino a 20 punti percentuali (nella pratica la relazione non è così lineare, ma è un dato che si può utilizzare come metro di rischio).
Torniamo al nostro investitore: sa che vuole Titoli di Stato di paesi solidi, sa che li vuole di una scadenza tra i 5 e i 10 anni... ma che strumento dovrebbe utilizzare?
Le opzioni sono 3:
Fondi comuni obbligazionari con commissioni piuttosto basse rispetto alla media costano comunque circa l'1% annuo. Specialmente in situazioni di tassi bassi come questo il fardello messo sul nostro investimento è notevole, mentre le garanzie che il gestore riesca a far meglio di un piccolo risparmiatore che compra titoli di Stato a scadenze distanziate di un anno l'una dall'altra non ci sono.
Gli ETF, d'altra parte, hanno un costo molto minore. Per molti ETF su titoli governativi siamo intorno allo 0,15%. Il vantaggio è quello di poter investire anche piccole somme (rispetto al taglio minimo di 1000 euro dei titoli di stato) e di non doversi preoccupare dei rinnovi (il fondo compra e vende in autonomia).
Tuttavia con l'ETF rinunciamo ad altri vantaggi di detenere il singolo titolo:
Quindi non ha senso detenere fondi o ETF obbligazionari?
Non è proprio così. La scelta è corretta quando andiamo ad utilizzare questi strumenti sulle altre due asset class obbligazionarie viste sopra: i titoli corporate e i titoli ad alto rendimento.
In questo caso il maggior rischio di default (rispetto a uno Stato) delle singole società ci deve portare a fare affidamento ai fondi o agli ETF, che detenendo un ampio numero di bond sono meno soggetti al default di un singolo emittente.
La scelta tra il fondo obbligazionario e l'ETF obbligazionario a quel punto è principalmente una questione di preferenze personali (gestione attiva/passiva).
In questo quinto articolo della guida proverò a illustrare qualche concetto di base relativo alla parte obbligazionaria del vostro portafoglio.
Innanzitutto vi ricordo che la trattazione di questo articoletto riguarda esclusivamente quei soldi che stiamo investendo a lungo termine (diciamo in ottica previdenziale/di costruzione di un capitale) e non soldi accantonati per far fronte a specifiche passività (ad esempio l'acquisto di una nuova auto tra 3-4 anni). Per i secondi la scelta ottimale è sicuramente quella di singoli titoli obbligazionari la cui scadenza coincida con il momento in cui andremo ad effettuare la spesa, mentre per i primi vi sono diverse opzioni da considerare, tutte ugualmente valide.
Nella terza parte della guida avevamo fatto la scelta di un portafoglio al 70% azionario e al 30% obbligazionario.
Come dovremmo ripartire questo 30%?
E' ovvio che in un portafoglio come quello selezionato il grosso dei rendimenti sarà fornito dai fondi azionari che, storicamente, hanno sovraperformato i bond. Il ruolo delle obbligazioni in un portafoglio come questo non dev'essere quello di una ulteriore ricerca di rendimento, quanto quello di "guardiano" della nostra stabilità emozionale e finanziaria.
Molto spesso gli investitori tentano di massimizzare il rendimento delle singole componenti del loro portafoglio: questo può portare, nell'obbligazionario, alla ricerca di extra-rendimenti attraverso la sottoscrizione di titoli o fondi obbligazionari relativi a società (corporate) o società in difficoltà (junk-bonds, high-yield).
Una scelta di questo tipo può essere deleteria per la salute (mentale e cardiaca) di chi la effettua. Cercherò di spiegarmi meglio con un grafico.
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Il grafico riassume gli ultimi 10 anni per quattro investimenti:
- Titoli Obbligazionari High-Yield (HY).
- Titoli Obbligazionari Governativi (Govt)
- Titoli Obbligazioanri Corporate (Corps)
- Azioni Europee (MSCI EMU)
Appare subito evidente come la linea blu (HY) e la linea verde (azioni) viaggino abbastanza di pari passo. La correlazione tra le due aumenta nei momenti di maggior crisi.
Questo è esattamente quello che vogliamo evitare per il nostro portafoglio.. supponiamo di avere un portafoglio al 50% azionario e al 50% obbligazionario. Se le borse perdono il 40% (come nel 2009, infatti) non possiamo assolutamente permetterci di perdere un altro 40% con la nostra parte di portafoglio che deve limitare il rischio.
Una relazione simile sussiste anche per i titoli corporate, seppure in misura minore. La linea rossa, infatti, segue molto meno la linea verde (le azioni), ma vediamo che in alcuni momenti di crollo delle borse ha avuto la tendenza a scendere in negativo, anche in maniera importante.
Supponiamo che il consiglio del nostro promotore sia stato di investire in alcuni fondi obbligazionari tali da avere una proporzione di 50% corporate, 30% governativo, 20% HY. In una situazione come quella della crisi del 2009 (e vi sono evidenze simili anche in passato) avremmo avuto una perdita complessiva di circa il 10%, da sommarsi alla perdita dell'azionario. E' ovvio che tutto questo metterebbe a dura prova i nervi di qualsiasi investitore.
Se l'investitore in questione avesse invece investito i propri soldi in titoli governativi (Titoli di Stato) avrebbe avuto nel periodo iniziale del nostro grafico risultati positivi tra il 3% e il 4%, da fine 2007 a inizio 2010 rendimenti tra il -0,7% e il +5%, mentre nella crisi più recente avrebbe avuto una perdita massima della sua componente obbligazionaria del 4% (in un solo caso), con gli altri risultati tra il -0,7% e il 4%.
Estendendo il periodo di calcolo del rendimento rolling a 24 mesi non vi sono segni meno maggiori dello 0,5% per i governativi euro anche durante la crisi dei debiti sovrani.
Quali conclusioni trarre da queste considerazioni dunque?
- Lo scopo della componente obbligazionaria del nostro portafoglio è quello di limitare il rischio e le potenziali perdite delle azioni. Di conseguenza la scelta ottimale sono i titoli governativi.
- I titoli obbligazionari ad alto rendimento hanno un profilo di rischio simile a quello delle azioni: sono quindi sconsigliabili per ridurre il rischio di portafoglio.
- I titoli corporate hanno rendimenti paragonabili ai titoli governativi senza tuttavia avere la stessa funzione di "assicurazione" contro eventuali periodi di crisi.
Personalmente credo che sia più una questione di preferenze personali. Può avere senso includere HY in portafoglio (o corporate), ma ritengo che si debba ridurre di conseguenza l'allocazione azionaria, in maniera tale da non caricarci di rischi eccessivi. Stando ai risultati storici si tratta di una scelta non ottimale dal punto di vista dei rendimenti (le azioni hanno avuto rendimenti maggiori), ma in realtà nessuno sa cosa ci riserva il futuro, ad oggi.
Se non siete tranquilli ad avere una forte quota azionaria in portafoglio, può avere senso ridurla e cercare un extra-rendimento attraverso fondi HY. Avendo però ben chiaro che la somma delle due asset class deve garantirvi una perdita massima tollerabile dal punto di vista psicologico, e avendo sempre la massima cura nel mantenere una larga porzione in titoli "tranquilli" che fungano da cuscinetto e da trincea contro gli attacchi dei mercati alla vostra salute mentale.
Torniamo quindi al nostro investitore ipotetico che deve decidere come ripartire la quota obbligazionaria del proprio portafoglio. Avendo già un'allocazione del 70% azionaria è ovvio che deve mettere in portafoglio i titoli che gli forniscono maggiore sicurezza: si tratta di Titoli di Stato dei paesi più solidi, in euro.
Acquistare titoli in valuta estera permette maggiore diversificazione, ma nel nostro caso andrebbe ad aggiungere un rischio di cambio già presente nel portafoglio attraverso la quota azionaria. Meglio, quindi, attenersi alla sola valuta di riferimento.
Per quanto riguarda la durata dei titoli, è meglio non allungarla troppo. Un buon compromesso può essere un titolo con una scadenza tra i 5 e 10 anni. Allungando le scadenze solitamente si allungano i rendimenti, ma sono troppi i fattori che possono cambiare nel giro di 30 anni per correre un rischio simile, a mio parere.
Ad esempio, la curva dei rendimenti sui Bund tedeschi al 29 agosto 2012 era la seguente:
Fare clic per ingrandire |
Dal grafico si può notare come il rendimento di un bond a 5 anni sia, ad oggi, dello 0,5%. Allungando la scadenza a 10 anni si incrementano i rendimenti di circa l'1%. Per avere un incremento di un ulteriore punto percentuale dei rendimenti bisognerebbe allungare le proprie scadenze di 20 anni!
La differenza di rischio è notevole. Un titolo a 5 anni ad oggi avrebbe una duration di circa 4,3, uno a dieci anni di circa 8,3, mentre il bund trentennale intorno a 20. La duration rappresenta, se mi passate la semplificazione, il tempo nel quale il bond vi ha ripagato il vostro investimento iniziale. Ma la duration vi serve anche per un'altra cosa: stimare il rischio del titolo. Ipotizziamo un aumento dei tassi (prima o poi dovrà succedere) dell'1%. Il titolo con duration 4,3 vi farà perdere all'incirca 4 punti percentuali. Quello con duration 8,3 circa 8 punti percentuali. Ma quello con duration 20 potrebbe farvi perdere fino a 20 punti percentuali (nella pratica la relazione non è così lineare, ma è un dato che si può utilizzare come metro di rischio).
Torniamo al nostro investitore: sa che vuole Titoli di Stato di paesi solidi, sa che li vuole di una scadenza tra i 5 e i 10 anni... ma che strumento dovrebbe utilizzare?
Le opzioni sono 3:
- Acquisto dei singoli bond.
- Acquisto di un fondo comune a gestione attiva
- Acquisto di un etf a gestione passiva.
Fondi comuni obbligazionari con commissioni piuttosto basse rispetto alla media costano comunque circa l'1% annuo. Specialmente in situazioni di tassi bassi come questo il fardello messo sul nostro investimento è notevole, mentre le garanzie che il gestore riesca a far meglio di un piccolo risparmiatore che compra titoli di Stato a scadenze distanziate di un anno l'una dall'altra non ci sono.
Gli ETF, d'altra parte, hanno un costo molto minore. Per molti ETF su titoli governativi siamo intorno allo 0,15%. Il vantaggio è quello di poter investire anche piccole somme (rispetto al taglio minimo di 1000 euro dei titoli di stato) e di non doversi preoccupare dei rinnovi (il fondo compra e vende in autonomia).
Tuttavia con l'ETF rinunciamo ad altri vantaggi di detenere il singolo titolo:
- Zero commissioni da pagare, ad eccezione di quelle di acquisto.
- Maggiore efficienza fiscale (in quanto ci risparmiamo la cervellotica tassazione degli ETF e possiamo compensare le minus con le plus di altre obbligazioni)
- La possibilità di portare a scadenza il titolo e incassare il valore nominale.
Quindi non ha senso detenere fondi o ETF obbligazionari?
Non è proprio così. La scelta è corretta quando andiamo ad utilizzare questi strumenti sulle altre due asset class obbligazionarie viste sopra: i titoli corporate e i titoli ad alto rendimento.
In questo caso il maggior rischio di default (rispetto a uno Stato) delle singole società ci deve portare a fare affidamento ai fondi o agli ETF, che detenendo un ampio numero di bond sono meno soggetti al default di un singolo emittente.
La scelta tra il fondo obbligazionario e l'ETF obbligazionario a quel punto è principalmente una questione di preferenze personali (gestione attiva/passiva).