Guida all'investimento: Prima parte - Quando investire e come definire gli obiettivi.

Prima puntata della guida per capire quando investire, dove investire e su cosa investire.

Guida all'investimento: La Diversificazione

In questo post analizziamo l'importanza della diversificazione per il nostro portafoglio.

Guida all'investimento: Quarta Parte - Quali strumenti utilizzare per l'Azionario?

In questo post cerchiamo di capire come orientarci tra i vari strumenti disponibili

Come si seleziona un fondo?

Scopri i criteri fondamentali per la selezione del tuo fondo attivo.

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giovedì 12 luglio 2012

Il Mib uno degli affari più grossi del momento?

Sono un grande fan del PE 10 di Shiller.
Per quanto sono convinto che sia difficile prevedere in anticipo l'andamento dei mercati, è altrettanto vero che alla fine il risultato di un mercato è determinato da variabili economiche oggettive.

Nel caso delle azioni, la determinante principale non può essere altro che il profitto delle aziende quotate. Interessante, da questo punto di vista, l'analisi di John Bogle nel suo libro Common Sense on Mutual Funds investing dove mostra come il dividend yield di un indice sia in grado, da solo, di spiegare con ragionevole precisione l'andamento futuro dell'indice sottostante di lì a 10 anni (sì, 10 anni.. quindi niente market timing, sorry).

Il PE10 di Shiller è un indice che prende in esame da un lato il prezzo dell'indice, dall'altro la media degli utili per azione (aggiustati per l'inflazione) degli ultimi 10 anni. In questo modo si ottiene un dato medio su un periodo ragionevolmente lungo, nel quale si cerca quindi di depurare l'effetto di anni particolarmente buoni o particolarmente cattivi.

Nel tempo il PE10 di Shiller si è mostrato un indicatore ragionevolmente valido dei ritorni azionari degli anni successivi.

Facendo click su questo link  verrete portati sul sito di Mebane Faber (Investment Adviser per Cambria) e su un suo articolo un po' vecchiotto dove mostra come a valori di PE 10 maggiori corrispondano ritorni successivi inferiori, il che non stupisce... più il valore è alto più sto pagando un euro di utili! E' un po' come se avessi la possibilità di acquistare un bar che guadagna 10.000 euro all'anno, in media, negli ultimi 10 anni. E' chiaro che pagarlo 80 mila euro, ovvero un PE di 8x, mi farà probabilmente guadagnare di più che pagarlo 150 mila euro, cioè un PE di 15x. Questo chiaramente ci riporta ai fondamentali economici, che non possono essere ignorati, nel lungo periodo.

Ebbene, se tornate a vedere quei grafici vedrete che più il rendimento è alto (annualizzato, su 10 anni), più il PE di Shiller è basso (in media).




 Dove voglio arrivare?
Beh, il buon Faber ha postato l'aggiornamento dell'indice al 30 di Giugno. (vedete a sinistra l'immagine)


Se torniamo al primo post linkato vediamo quindi che il risultato atteso per il mercato Greco è addirittura un +12% annualizzato per i prossimi 10 anni.

Per l'Italia, l'Irlanda e il Portogallo, presumibilmente, tra il 10 e il 12% annualizzato.

A questo punto sta a voi decidere se può valer la pena fare una scommessa su questi paesi. In tal caso avete due strade: o li acquistate direttamente, con un ETF, o vi accontentate di un indice "broad" per ridurre il rischio..

Tra i paesi presenti nell'indice MSCI EMU quello con la valutazione migliore è (che strano..) la Germania che non ha, tuttavia, una valutazione eccessiva (come USA e Indonesia..). Il livello del PE10 tedesco è tale da essere coerente con un rendimento dell'8% annualizzato...


Ora, prima che andiate a puntare tutti i vostri soldi su un ETF Greco, riguardatevi meglio il terzo grafico del primo articolo... tutti quei puntini sono rendimenti calcolati su periodi REALI. Beh, non tutti sono così lusinghieri anche se, ad oggi, non vi sono puntini corrispondenti a livelli di PE 10 così bassi in territorio negativo..



Ma ricordatevi, in finanza i Cigni Neri sono sempre dietro l'angolo.


mercoledì 4 luglio 2012

Dove investire i propri soldi: quali strumenti utilizzare?

Ci eravamo lasciati nella terza parte della nostra Guida all'Investimento con una scelta: la nostra asset allocation tra bond e azioni.

Come abbiamo visto si tratta di una scelta dalla quale dipenderanno in larghissima parte i nostri rendimenti futuri: da un lato vi saranno le azioni a portarci rendimenti più elevati, dall'altro i bond compenseranno i crolli dei pacchetti azionari a fronte di rendimenti minori.

Ricordatevi però che è possibile capitare in una "anomalia statistica" ed essere vittima di un periodo con rendimenti superiori dei bond rispetto alle azioni.

Il 30 Settembre 2011 si è verificata una di queste anomalie statistiche. Un investitore che 30 anni prima avesse investito il 100% in azioni USA, sarebbe stato battuto da un investitore in titoli di Stato USA. Un fatto del genere non si era mai verificato dal 1861... un altro buon motivo per ricordarsi di diversificare e includere sempre sia una parte di bond che di azioni nel proprio portafoglio.
Un cigno nero. (Cindy Funk) Gli eventi insoliti in finanza prendono questo nome


Noi avevamo scelto un portafoglio al 70% azionario nel nostro post precedente, quindi abbiamo rispettato le regole di una buona diversificazione.

Il nostro ipotetico investitore deve però scegliere lo strumento adatto dove investire i propri soldi.
Per farlo deve porsi la seguente domanda: investo solo in Italia, solo in Europa o in tutto il mondo? E investo in alcuni settori o in tutti i settori?

Anche qui, a mio parere, il filo logico da seguire è quello della massima diversificazione, al fine di minimizzare i rischi e stabilizzare i rendimenti. Se seguite il link alla classifica delle borse del 2011 vedrete che i rendimenti variano dal +77% del Venezuela al -72% di Cipro. Ma anche paesi importanti come la Cina (-20%), l'India (-25%), il Brasile (-18%) hanno avuto cali notevoli.

Di contro, investendo nell'indice MSCI ACWI IMI (ACWI sta per tutti i paesi del mondo, IMI per tutte le tipologie di capitalizzazione, piccole, medie e grandi imprese) avremmo perso "solo" il 9,87%. livellando la performance.

Per esaminare la performance di singoli settori, invece, facciamo direttamente riferimento al sito di iShares. Vedremo che, per esempio, l'automobilistico ha perso il 22% nel 2011, quello dei servizi finanziari il 18%, i media il 7% e via dicendo. L'indice aggregato, lo STOXX 600, ha invece registrato una performance negativa per circa il 9%. Come si può chiaramente notare, puntare su indici ampi ha il chiaro vantaggio di ridurre la variabilità che possono avere determinati settori o determinati paesi.

Torniamo all'ipotetico investitore che deve decidere dove investire i propri soldi. Fiducioso in un approccio "ampio", decide di investire in tre macro aree: l'area Euro, l'area dei paesi sviluppati mondiali, e l'area dei Paesi emergenti. Deve però ancora decidere le proporzioni.

Qui non c'è una regola ben precisa, anche se, personalmente, preferisco dare maggior peso alla diversificazione internazionale pur facendo attenzione a non assumere eccessivi rischi di cambio. Per questo motivo un consiglio che mi sentirei di dare (all'interno di quel 70% azionario) sarebbe quello di riservare un 35% all'area Euro, un 25% agli altri paesi sviluppati e il 10% restante agli emergenti . Ricordatevi che comunque diversificare ed essere presenti sui mercati ci garantisce già dei benefici per la mancata correlazione tra di essi. Cercare di prevedere con esattezza la percentuale ideale è un esercizio futile e possibile solo a posteriori. Se l'allocazione proposta non vi piace modificatela a piacere: occhio però a rimanere con almeno un 10-15% su ciascuna di queste aree. E' fondamentale per godere dei benefici della diversificazione.


Non credo nemmeno nei benefici del market timing, ovvero di decidere come e quando spostarsi tra le varie aree geografiche: meglio rimanere investiti sempre e su tutte. Ci proteggeremo da eventuali valutazioni folli ribilanciando periodicamente (lo vedremo nei prossimi post).
Ricordate che nessuno può aver la pretesa di sapere esattamente cosa faranno i mercati nel breve termine: questo è abbastanza lampante cercando su internet i consigli degli "esperti" (o dei gestori di fondi attivi) di 12 mesi prima... buon divertimento.

Tornando al nostro ipotetico investitore, ora che ha scelto la sua allocazione geografica deve scegliere lo strumento per investire i propri soldi. Come fare?
Le possibilità sono essenzialmente quattro:
  1. Comprarsi singole azioni sui vari mercati
  2. Acquistare quote in un fondo comune
  3. Acquistare quote di un ETF
  4. Far ricorso a prodotti "alternativi" come polizze, certificati, eccetera..
La prima possibilità presenta svantaggi importanti: innanzitutto bisognerebbe disporre di capitali elevati per minimizzare l'impatto delle commissioni e raggiungere una diversificazione accettabile; inoltre va segnalato che le commissioni per il trading su mercati esteri sono mediamente più elevate; bisognerebbe trovare un criterio di selezione adeguato per le azioni e, infine, bisognerebbe tenere presente che acquistando su mercati esteri saremmo soggetti a doppia tassazione dei dividendi (con conseguente obbligo di presentazione dell'Unico per vedersi riconosciuto il credito di imposta). Insomma, una bella fatica.

La quarta possibilità è solitamente da scartare per 2 motivi: il primo è la scarsa trasparenza di regolamenti di questi strumenti. Non sempre si hanno ben chiare tutte le clausole e tutti gli aspetti della gestione. Il secondo è che solitamente il costo è elevatissimo (per le polizze) oppure ci si espone al rischio di insolvenza della banca emittente (per i certificati).

Le altre due opzioni riguardano effettivamente gli strumenti più utilizzati dagli investitori: entrambi hanno il vantaggio di garantire una buona diversificazione (investendo in un vastissimo numero di titoli) e di rendere l'operazione di investimento facile da gestire (basta sottoscrivere le quote o acquistarle in borsa).

Il numero di fondi oggi disponibili è enorme. Se il nostro investitore volesse acquistare un fondo azionario Europeo, secondo Morningstar, avrebbe a disposizione ben 412 fondi comuni e 21 ETF. Come scegliere quindi quello migliore? Qui si scatena solitamente la lotta tra la gestione attiva e la gestione passiva. I fautori della prima vi diranno di cercare quelli con i rendimenti passati maggiori dell'indice (o le 5 stellette di Morningstar), in quanto hanno dimostrato di saperci fare e di essere in grado di battere il mercato. I secondi vi diranno invece di andare senza remore sull'ETF, cercando magari quello con il costo di gestione più basso, perchè nel lungo periodo nessuno può battere il mercato.

Chi ha ragione? Personalmente mi iscrivo alla seconda linea di pensiero, e cercherò di spiegarvi il perchè nel modo più semplice possibile.

  1. Il mercato è formato da investitori individuali e professionali che competono per avere rendimenti maggiori del mercato stesso, oltre che dallo stuolo di investitori che puntano ad avere esattamente il rendimento di mercato. E' però ovvio che, nell'insieme, tutti gli investitori non potranno mai battere il mercato (che per definizione è la media dei loro rendimenti)
  2. Ogni tentativo di battere il mercato comporta costi legati al trading. Più "scommesse" farò, più sarà impegnativo battere il mercato (mi caricherò, infatti, di costi extra, e quindi dovrò ottenere un rendimento extra anche per compensarli). Dal momento che i rendimenti attesi di tutti gli investitori sono gli stessi (il rendimento di mercato!) il gruppo che si carica di meno costi sarà, in media, quello che avrà i rendimenti più alti: si tratta della gestione passiva.
  3. E' possibile che un fondo batta il mercato in un anno. E' molto difficile che lo faccia per più anni consecutivi. E' quasi impossibile che lo faccia per oltre 20 anni. Ricordatevi che se anche il fondo a gestione attiva che avete "puntato" ha battuto il mercato per 10 anni consecutivi, non vi è alcuna garanzia che lo faccia anche dopo che siete entrati voi. E questo non è un problema di poco conto. Varie ricerche, tra cui quelle di Fama e French,  hanno dimostrato come non vi sia evidenza scientifica della particolare abilità di un gestore e come, invece, i risultati dei fondi che battono il mercato siano statisticamente coerenti con l'ipotesi di un gestore fortunato.
Le commissioni erodono i rendimenti come il mare la spiaggia. Attenzione!

Alla luce di ciò il nostro investitore decide di costruirsi un portafoglio con tre ETF: il primo, a cui dedica il 35% del suo portafoglio, è un ETF a replica fisica su un indice ampio europeo. L'ideale sarebbe avere accesso a un indice di tipo Total Market, possibilità che al momento non è offerta dai vari provider di ETF. Una buona scelta è un fondo su MSCI EMU.
Il secondo consiste nell'unico ETF esistente al momento sull'indice World Ex-Emu: quello di Amundi (isin FR0010756114, ter 0,35%) e che permette di investire su tutti i paesi sviluppati del mondo fuori dalla zona Euro (Usa, Uk, Svizzera, Australia, Canada, eccetera), a cui dedica il 25% del suo portafoglio. In alternativa avrebbe potuto selezionare un ETF su MSCI World, ma ricordandosi di "aggiustare" il peso dell'ETF MSCI EMU, in quanto l'indice MSCI World contiene al proprio interno anche azioni di paesi area Euro. Infine il 10% va su un ETF su mercati emergenti. Anche in questo caso la scelta cade su un indice MSCI: quello MSCI Emerging Markets.

Ora che abbiamo sistemato la parte equity rimane da valutare la parte del portafoglio relativa all'obbligazionario. Dedicheremo al tema un post apposito.
A presto.










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