Guida all'investimento: Prima parte - Quando investire e come definire gli obiettivi.

Prima puntata della guida per capire quando investire, dove investire e su cosa investire.

Guida all'investimento: La Diversificazione

In questo post analizziamo l'importanza della diversificazione per il nostro portafoglio.

Guida all'investimento: Quarta Parte - Quali strumenti utilizzare per l'Azionario?

In questo post cerchiamo di capire come orientarci tra i vari strumenti disponibili

Come si seleziona un fondo?

Scopri i criteri fondamentali per la selezione del tuo fondo attivo.

Lazy Portfolio

Semplicità e buoni rendimenti. Scoprili.

mercoledì 20 giugno 2012

Guida all'Investimento - Parte Terza: Azioni o bond per il lungo termine? A voi la scelta...

E così siamo alla terza parte della nostra breve guida all'investimento. (Fate clic per leggere la seconda parte della guida all'investimento nel caso ve la siate persa).

In questa parte affronteremo l'obiettivo più ostico, ovvero la costruzione di un capitale per la pensione. Saltiamo la parte di verifica di sostenibilità dell'obiettivo, abbiamo già ampiamente visto come gestirla.

Supponiamo quindi di dover investire i nostri soldi, 100 mila euro, e di risparmiare la differenza nei prossimi anni. Si tratta quindi di decidere in che modo suddividere i nostri risparmi.

In linea di massima su periodi di tempo lunghi è preferibile un investimento in larghissima parte azionario. Questo per due motivi:
  1. da un lato, storicamente, su periodi di tempo abbastanza lunghi le azioni hanno reso sempre di più delle obbligazioni;
  2. dall'altro lato c'è la teoria economica a supportarci: se, infatti, i rendimenti delle azioni fossero inferiori a quelli di titoli privi di rischio, non vi sarebbero investitori disposti a mettervi i propri soldi. Ma a quel punto vorrebbe dire che non vi sarebbero nemmeno delle aziende, in quanto il rischio di impresa non sarebbe remunerato in maniera soddisfacente. E' abbastanza intuitivo capire come questo non sia possibile nel lungo periodo, a meno che il mondo non si sposti su forme economiche alternative al capitalismo.
Tuttavia non tutti noi siamo uguali. Ci sono persone più propense al rischio e persone meno propense al rischio: ha poco senso costruire un portafoglio perfettamente efficiente dal punto di vista finanziario se poi al primo scossone dei mercati vendiamo in perdita e molliamo tutto. Per questo, in ottica previdenziale o di lunghissimo periodo, è importante capire qual è il livello di rischio tollerabile per noi.

Solitamente il livello di rischio viene misurato dalla volatilità. Ho già spiegato il concetto, a grandi linee, nel post sul rischio finanziario. Una forma che però ritengo di più immediata comprensione è quella del maximum drawdown, in Italiano del calo massimo. Se una classe di investimento ha un calo massimo del 60% significa che dal suo picco massimo al suo minimo ha perso 60 punti.

La differenza è rilevantissima dal punto di vista psicologico: sapere che un indice azionario ha una volatilità del 20% e un rendimento atteso del 5% significa che ho il 95% di probabilità di vedere una variazione tra -35% e +45% in un dato anno. Ma questi sono numeri astratti. Sapere che lo stesso indice ha avuto in passato un calo massimo del 60% significa che posso immaginare la mia reazione davanti a un calo da 100.000 euro a 40.000 di quell'indice.

Io so che prima o poi tornerà verso i 100.000 euro, perchè il suo rendimento atteso è del 5% annuo, ma sarò in grado di mantenere i nervi saldi fino a quel momento e evitare di vendere in perdita?

Questa è la valutazione più importante al momento di definire qualsiasi piano di investimento. Cerco di spiegarmi con qualche dato. Supponiamo che Marco abbia investito i suoi 100.000 euro nel mercato azionario mondiale nel 1999 (useremo l'indice MSCI ACWI, ovvero l'indice che contiene tutti i mercati mondiali). Per motivi di copyright non posso allegare direttamente il grafico, ma potete ricreaverlo direttamente voi stessi a questo indirizzo.

L'acquisto di Marco è di 947 quote a 105,59 a fine gennaio 1999. Il 31 Agosto del 2000 Marco, euforico, vede le sue quote valorizzate a 163,13, corrispondenti a oltre 154 mila euro. Non male eh? Marco non sa, però, che sta per arrivare uno dei più grossi mercati orso di tutti i tempi, con lo scoppio della bolla hi-tech.
Il primo crollo dei mercati porta il controvalore dei soldi di Marco a Marzo 2001 a 120 mila euro.
Il secondo crollo arriva a Settembre 2001 e fa sprofondare il controvalore a circa 103 mila euro. Di nuovo al punto di partenza.

Vista così sembrano movimenti di poco conto, magari... dopotutto siamo ancora in attivo. Non dimentichiamoci, però, che Marco ha perso in un anno ben 50 mila euro! Questo è il concetto, doloroso, del calo massimo! Marco è tentato di mollare tutto, ma decide di perseverare, fiducioso nella risalita dei mercati. Sfortunatamente per lui dopo una flebile ripresa dei mercati a inizio 2002, arriva la terza botta. Nel Marzo del 2003 i risparmi di Marco valgono ormai 72 mila euro. Getta la spugna, davanti a un crollo di circa la metà del valore raggiunto dal suo portafoglio al picco massimo e si posiziona sui rassicuranti Titoli di Stato, appena in tempo per perdersi il Toro che avrebbe riportato i suoi risparmi a un controvalore di 140 mila euro nel 2007. I suoi 72 mila euro si sono tramutati in 579 quote dell'indice dei Titoli di Stato Italiani a Marzo 2003. A Ottobre 2007 le sue 579 quote valgono 83 mila euro, rendendolo ancora più povero di quando ha cominciato ad investire.

Quella di Marco è stata la storia di molti Italiani durante quella bolla speculativa e deriva dalla mancata consapevolezza dei propri limiti psicologici e della pericolosità dei mercati. Specialmente in fasi di borsa rialzista si tende a "dimenticare" che le azioni possono anche scendere! Investire in azioni è necessario per una buona diversificazione del portafoglio, unitamente ad altre classi di investimento, ma è importante capire qual è il livello di rischio che psicologicamente siamo in grado di tollerare!

Facciamo il caso di Sonia, che invece ha investito i suoi 100.000 euro al 60% nell'indice  MSCI ACWI e per la restante parte in Titoli di Stato italiani. A Marzo 2003 il portafoglio di Sonia varrebbe 92 mila euro, contro un valore raggiunto al picco massimo dell'azionario di 133 mila euro. In questo caso il drawdown massimo è stato del 30%. Ancora rispettabile, ma molto più gestibile psicologicamente rispetto al dimezzamento del nostro portafoglio. Infatti Sonia riesce a tenere duro e si ritrova a Ottobre 2007 con 144 mila euro.

Il grafico sotto riassume quanto scritto. L'andamento è molto rettilineo in quanto ho inserito solo i punti citati (non ho ricalcolato i portafogli per tutti i mesi degli 8 anni), quindi non è assolutamente fedele alla realtà nei punti "intermedi".

La differenza finale tra i risparmi di Marco e quelli di Sonia ci mostra quanto sia importante tenere duro e attenersi alla propria allocazione di portafoglio!


E questo ci fa capire anche come la scelta principale da prendere sia proprio la percentuale di azionario rispetto alla percentuale di bond da mantenere in portafoglio.

Un consiglio molto in voga in USA ci consiglia di selezionare la nostra età come percentuale di obbligazionario da mantenere in portafoglio.
Proprio per i motivi sopra esposti non sono d'accordo con questo consiglio. E' importante selezionare una percentuale di obbligazioni che ci permetta di non vendere in preda al panico.

Prendo a prestito un'analisi di Vanguard, casa di gestione americana che segue una filosofia no-profit. Nella sua pagina sui model portfolio ci mostra quale sia stato il crollo maggiore, dal 1926 al 2011, di portafogli con una percentuale variabile di azioni e bond.

Vi riepilogo il tutto in un grafico fatto in casa, mettendovi nell'asse a sinistra i rendimenti (linea verde) e nell'asse a destra la perdita annua massima (linea rossa), mentre nell'asse orizzontale trovate la percentuale allocata in azioni.


Con l'aiuto di questo grafico potete facilmente capire il vostro grado di "tolleranza". Siete disposti a ritrovarvi con il 45% in meno dei vostri soldi in un solo anno? Bene, allora tenete pure il 100% in azioni.
Vi spaventa perderne oltre un quarto invece? Meglio non superare il 50% di allocazione azionaria.

Chiaramente la maggiore sicurezza viene pagata in termini di rendimento. Mentre il rendimento storico del portafoglio interamente azionario è stato vicino al 10% annuo, il rendimento di un portafoglio azionario solo per la metà si è posizionato poco sopra l'8%. Ancora rispettabile, ma quella che sembra una piccola differenza nei rendimenti è invece significativa sul lungo periodo. Ipotizzando di investire 100.000 euro iniziali, ci si ritroverebbe dopo 40 anni con 4,5 milioni di Euro con il portafoglio interamente azionario e con 2,2 milioni di euro con il 50-50.

Come vedete una differenza minima nei rendimenti percentuali raggiunge velocemente volumi significativi: ed è per questo che per i nostri investimenti conviene solitamente selezionare "replicanti". I fondi a gestione attiva possono avere anche costi extra per uno-due punti percentuali rispetto a fondi passivi ed etf e questi costi alla lunga impattano negativamente sulle prestazioni. Anche perchè, ad oggi, non vi è evidenza di nessun gestore di fondi che sia riuscito persistentemente a battere il mercato nel lungo periodo. (per chi mastica l'Inglese.. qua la spiegazione "tecnica" di E.Fama e K.French.)

Anche qualora non siate convinti di adottare uno strumento a gestione passiva e preferiate uno strumento con un gestore che si "sporca le mani" per voi, il criterio per la selezione deve rimanere sempre lo stesso: i costi di gestione.
Non so quanti di voi conoscano Morningstar. Si tratta di una società di analisi dei fondi e dei mercati che è solita classificare i fondi attraverso le loro statistiche passate di rendimento e rischio, assegnando da una a cinque stelle ai fondi esaminati. Ebbene, la stessa società, con grande onestà intellettuale, in uno studio del 2010 riscontrò che il suo sistema di rating (uno dei più popolari al mondo) non era in grado di prevedere i risultati futuri di un fondo tanto accuratamente quanto i costi di gestione. Questo significa che prendendo una categoria di fondi attivi vi erano più possibilità di  avere risultati positivi selezionando un gruppo di fondi con bassi costi di gestione anzichè con 4 o 5 stelle Morningstar.

Chiaramente non è tutto così semplice. Ci sono altri criteri nella selezione di un fondo attivo che bisogna tenere in considerazione: la "storia" del gestore e del fondo (gestori pessimi tendono a confermarsi tra i pessimi. non è così per quelli "bravi", purtroppo), la dimensione  (fondi troppo piccoli hanno solitamente maggiori rischi di "morire" assorbiti in altri fondi. Fondi troppo grandi soffrono invece dell'impatto delle loro operazioni di trading che gli precludono le azioni meno conosciute) e la struttura commissionale sono sicuramente elementi da valutare.

Torniamo però al nostro obiettivo: costruirci il capitale di 400 mila euro per la pensione (sufficiente a garantirci, ad oggi, una rendita assicurativa reversibile di  circa 16.000 euro lordi annui al pensionamento).

Abbiamo una buona tolleranza al rischio, e decidiamo quindi di posizionarci su un portafoglio azionario al 70%. Il passo successivo è determinare quali strumenti utilizzare per posizionarsi all'interno di questa parte azionaria e come "riempire" il 30% di obbligazionario.

Vedremo il tutto in un prossimo post... Vi aspetto per la IV parte della Guida all'investimento.

giovedì 14 giugno 2012

Ragionare a breve termine: i problemi dei consigli del Corriere ai risparmiatori

Ieri è uscito un articolo di Giuditta Marvelli sul Corriere.it contenente delle linee guida per i piccoli investitori. Parto subito dicendo che, per una volta, i consigli non sono completamente sballati, anche se qualche problema di coerenza in giro per l'articolo si trova.

Il problema principale, a mio parere, è già nell'incipit.

L'articolo riporta:


Clock face, di Ubzecka
"Dare consigli vincenti a chi si chiede che cosa fare dei propri risparmi è impossibile. Le previsioni in campo finanziario sono sempre incaute, ma in questo momento c'è un intero sistema economico e monetario che non sa ancora che cosa fare del suo futuro. Difficile immaginare una situazione più incerta.
Nelle poche righe qui sotto non ci sono ricette (nessuno le ha e chi dicesse di averle bara), ma un tentativo di interpretare i numeri e la realtà.

Dalla liquidità alle Borse passando per le obbligazioni, ecco che cosa si può fare per costruire un portafoglio che possa passare attraverso la bufera senza farsi troppo male."

L'idea di dover costruire un portafoglio ex-novo e ad-hoc per questa bufera mi sembra figlia di un'ottica di ragionamento nel breve periodo che deve essere del tutto estranea alle logiche dell'investitore.


Come visto nella guida all'investimento è fondamentale per l'investitore dotarsi innanzitutto di un piano di investimento credibile e poi costruire un portafoglio con strumenti adeguati a raggiungere i propri obiettivi. 


Cambiare il proprio portafoglio solo perchè c'è crisi sarebbe come vendere la casa perchè tanto c'è il sole. Le crisi sono parte del normale ciclo dei mercati e non bisogna farsi sopraffare dalla paura o dall'euforia, a seconda del momento.


Solo qualora non avessimo un portafoglio costruito secondo questi criteri dovremmo valutare ex-novo la costruzione del portafoglio. E in questo caso consideriamo un attimo i consigli dati nell'articolo.
Corretto evidenziare come i conti deposito, al momento, riescano a malapena ad offrire un rendimento reale positivo e segnalare come su di essi sia operativa la garanzia del FTID fino a 100.000 euro a depositante.

Il consiglio di incrementare le quote nei BTP qualora si "creda" nel recupero dell'Italia è a mio parere un po' azzardato. Nessuno può sapere come andrà a finire questa crisi e, sinceramente, credo che ciascuno di noi sia già abbastanza esposto verso lo Stato Italia attraverso titoli, fondi comuni, fondi pensione (o TFR all'Inps..) e per la semplice cittadinanza. Non aggiungerei, al momento, un ulteriore carico rispetto a quanto già in "pancia".

Più condivisibile il consiglio di orientarsi verso i porti sicuri, almeno per una parte dei bond: è vero che i rendimenti reali sono negativi per i Titoli di Stato tedeschi, ma è anche vero che al momento sono quelli il cui pagamento è più sicuro. La vedrei in questo modo: se le cose vanno a rotoli e si torna alle valute nazionali o a due valute (Euro-crucco e Euro-med) avere dei Bund ci garantisce di mantenere una parte dei nostri risparmi non svalutata. Se le cose dovessero riprendersi subiremmo una perdita di qualche punto percentuale, ma che sarebbe ampiamente compensata dalla risalita dei corsi azionari.



Assolutamente contrario, invece, a inseguire una diversificazione valutaria attraverso acquisti di titoli norvegesi, americani o britannici. Se è vero che i cambi tra euro e valute "satellite" sono rimasti abbastanza stabili, nessuno può realmente essere certo che questa stabilità rimanga nel tempo. Se le cose dovessero risolversi positivamente il rischio è quello di vedere una forte riduzione dei corsi valutari che si potrebbe andare a sommare alla diminuzione dei corsi dei titoli obbligazionari in quanto non più necessari come bene rifugio.
Ancora più azzardato andare ad acquistare titoli in dollari (non dimentichiamoci che gli USA hanno un deficit mostruoso e un debito pubblico che sta lievitando a vista d'occhio) o in sterline (il Regno Unito è messo più o meno come gli Stati Uniti, ma è pure in recessione).
Per la diversificazione valutaria credo che sia preferibile il mercato azionario.


Nota di merito, invece, per il consiglio su ETF obbligazionari. Non è cosa di tutti i giorni trovare questo consiglio su un quotidiano nazionale. Brava. Peccato che poi cada nell'errore di consigliare singoli titoli per quanto riguarda l'azionario.

In realtà gli ETF hanno molto più senso per quanto riguarda l'azionario che non l'obbligazionario. Il loro basso costo, infatti, li mette in una forte posizione di vantaggio nei confronti dei vari fondi a gestione attiva esistenti. Inoltre il piccolo investitore non ha le competenze per permettersi di lanciarsi in stock-picking di qualche titolo.

Condivisibili invece altri 2 consigli: quello di investire quando gli altri paiono scappare (di solito è così che si gettano le basi per rimbalzi anche del 30%) e quello di investire nel maggior numero di aree possibili. E' il vecchio mantra della diversificazione che, abbiamo visto nella seconda parte della guida all'investimento, è molto efficace.


Quello che non condivido, in questo caso, è invece il consiglio a puntare su cavalli che fino ad ora hanno tenuto bene (Usa, Paesi emergenti..). Nessuno sa cosa faranno i mercati azionari, meglio stabilire delle percentuali di allocazione con cui ci sentiamo a nostro agio e investire a prescindere da qualsiasi considerazione sui livelli dei corsi azionari, sempre in ottica di lungo periodo.



martedì 12 giugno 2012

Guida al Processo di Investimento. Parte seconda - La Diversificazione

Eccoci alla seconda parte di questa breve guida per chi è ai primi passi nel mondo finanziario.

Nella prima parte della nostra guida all'investimento abbiamo affrontato le condizioni necessarie al fine di poter investire, nell'ordine:
  1. Riuscire a risparmiare
  2. Aver estinto i propri debiti con TAEG superiore al 10%.
  3. Aver costituito un fondo per le emergenze.
  4. Aver definito degli obiettivi realizzabili.
Mentre i primi tre punti riguardano essenzialmente i prerequisiti per diventare un investitore, il quarto punto è la base di partenza di quello che sarà il nostro piano di investimento.

Torniamo alla prima parte della nostra guida all'investimento e recuperiamo gli obiettivi che ci eravamo posti:
  1. 15 mila euro per l'auto nuova tra tre anni.
  2. I soldi per l'anticipo del bilocale di nostro figlio pari a 28 mila euro.
  3. 400 mila euro di capitale per la nostra pensione.
Supponiamo di aver già da parte circa 10 mila euro in contanti per l'auto... abbiamo bisogno di risparmiare? Torniamo al nostro calcolatore per i rendimenti e facciamo un esperimento: mettiamo nel primo periodo un investimento di 10 mila euro e tra tre anni un incasso di 15 mila. Il rendimento richiesto è il 14%, davvero troppo alto per poter essere realizzabile. Dobbiamo quindi risparmiare qualcosa. Se mettiamo da parte 75 euro al mese avremo bisogno di un rendimento di circa il 6% per arrivare ai 15 mila euro che ci servono.

Questo rendimento è realistico? Sappiamo che è all'incirca il rendimento storico delle azioni, ma le azioni sono volatili: questo significa che potremmo anche essere sfortunati e subire un crollo delle quotazioni prima della nostra scadenza. Non si tratta davvero di un investimento appropriato. Dobbiamo per forza orientarci su investimenti "sicuri". Supponiamo di prendere in considerazione un btp, un buono postale e un conto deposito.

Con un controllo veloce dell'ottimo sito http://www.rendimentobtp.it/ vediamo che un btp della scadenza che ci interessa (circa 3 anni) ha un rendimento di circa il 3,80%.

















Per quanto riguarda, invece, i buoni postali facciamo riferimento al sito della Cassa depositi e prestiti. Come vediamo dalla scheda informativa i buoni plus a 3 anni rendono il 3,30% netto.

Infine, da un controllo del monitor rendimenti dei conti deposito italiani su finanzaonline vediamo che i depositi vincolati a 24 mesi ci garantiscono un tasso (lordo) tra il 3,75% e il 5,20%. Decidiamo che fa al caso nostro un conto deposito svincolabile (in caso di necessità sopraggiunte) e possibilmente di una primaria banca nazionale. Scegliamo quindi Cash Park svincolabile che ci garantisce un 3,75% lordo, che si tramuta in un 3% netto.

Come possiamo ben vedere, un rendimento realistico oscilla tra il 3% e il 3,8%. Decidiamo di porci in mezzo, e rifacciamo la nostra simulazione con un tasso netto del 3,4% (dobbiamo considerare che non riusciremo a investire tutto nel btp: il taglio minimo di 1.000 euro, infatti, ci impedirà di acquistare con i nostri 75 euro un btp al mese e quindi di beneficiare del relativo tasso. Dovremo per forza ripiegare su buono postale o conto deposito: da qui l'ipotesi di un rendimento "mediato"). Vorrà dire che dovremo risparmiare 103 euro al mese, e avremo a Giugno 2015 la nostra nuova auto, senza fare un centesimo di debiti!

Decidiamo, quindi, di spartire i nostri 10 mila euro iniziali tra btp e cash park di Fineco. Mentre i primi hanno un rendimento superiore, il secondo ci garantisce un "cuscinetto" extra contro eventuali imprevisti, grazie alla sua svincolabilità senza penali. Con la quota mensile di risparmio decidiamo di investire nel conto deposito o nei buoni postali, a seconda delle preferenze. Anche il buono postale ci permette di svincolare i soldi in qualsiasi momento, e ha un taglio minimo molto basso (50 euro). Tuttavia, quello preso in esame in questo post non corrisponde interessi se rimborsato prima della scadenza: si tratta di un vincolo abbastanza pesante per uno 0,3% in più rispetto a Cash Park. Va però ricordato che mentre Fineco è garantita da un consorzio bancario attraverso il fondo interbancario a garanzia dei depositi, la garanzia nei confronti dei buoni postali è diretta e dello Stato Italiano.

Passiamo quindi al secondo nostro obiettivo: risparmiare in 15 anni i 28 mila euro per l'anticipo sulla casa. Abbiamo già verificato nella prima parte della guida all'investimento che il tasso sia realistico. Tralasciamo quindi questa parte.


Si tratta quindi di decidere come investire i nostri soldi per i prossimi 15 anni. E' la parte più difficile dell'intero processo, in quanto bisogna fare i conti con le nostre convinzioni, con le nostre paure e con la realtà che spesso potrebbe portarci a dover fare scelte su cui non siamo completamente sicuri.

Il rendimento che ci serve è superiore a quello di titoli completamente privi di rischio con scadenze simili.  Dobbiamo appoggiarci alle azioni.
Cominciamo con l'introdurre il più grosso alleato dell'investitore, probabilmente l'unico in finanza che presenta solo benefici senza ricadute negative: la diversificazione. Di che si tratta? Diversificare vuol dire investire i propri soldi in più classi di investimento, in maniera tale da "esporsi" ai risultati di tutte loro e, di conseguenza, di annullare i movimenti di una classe con quelli di un'altra, ottenendo un risultato generalmente positivo.

Vediamo un esempio con l'aiuto di un grafico. Supponiamo di aver investito l'11 giugno 2009 nell'indice MSCI EMU, che rappresenta l'andamento delle borse dell'Eurozona.

Dopo 3 anni la situazione è esattamente questa:

Si nota subito come i livelli iniziali e finali siano abbastanza vicini tra loro. Per la precisione, il livello dell'indice l'11 giugno 2009 era 76,32. Quello dopo 3 anni è pari a 70,20. Si tratta di un -8%. Se avessimo investito 1.000 euro tre anni fa, ora ne avremmo 920.


Ma come ci può aiutare la diversificazione? Vediamo un grafico dove ho inserito anche l'indice MSCI USA, che rappresenta le aziende medio-grandi quotate a Wall Street, rappresentato dalla linea verde. (Nota: fate clic sul grafico per vederne una versione ingrandita)


Come si può vedere, l'andamento dell'indice Americano è stato ben più favorevole nel frattempo. La linea verde termina esattamente a metà tra il +25% e il +50%. Per la precisione, l'indice aprì l'11 giugno 2009 a un livello di 899,18 e ha chiuso dopo 3 anni a 1.264,65, con un buon +41% circa. Non male no? Cosa sarebbe successo se avessimo investito 500 euro su entrambi gli indici? Ora avremmo 705 euro per la parte USA, e 460 per quella Euro per un totale di 1.165 euro, pari al 5,21% annualizzato. Iniziamo a vedere gli effetti benefici della diversificazione.

Facciamo un ulteriore passo avanti, introducendo nel confronto anche l'indice dei Bond governativi eurozona, un indice che contiene tutti i bond che rispettano requisiti minimi di liquidità e volume. Stiamo quindi includendo un indice che contiene bond di Germania, Francia, Olanda, ma anche Spagna, Italia e (fino a qualche mese fa) Grecia e Portogallo! Non stiamo quindi scegliendo un "terreno favorevole", ma un indice che chiunque, privo di conoscenze particolari, avrebbe potuto acquistare. Nel grafico è contraddistinto da una linea arancione.

In questo caso l'indice aprì l'11 giugno 2009 al livello di 171,32 per chiudere dopo 3 anni a 196,30, con una performance del +15% circa (complessivo). Cosa sarebbe successo se avessimo investito i nostri soldi in tre parti uguali? I 333 euro messi sull'indice dei Titoli di Stato si sarebbero tramutati in 382,95 euro. Lo stesso importo in azioni USA si sarebbe tramutato in 469,53 euro. Infine, i restanti 334 euro messi nelle azioni area Euro sarebbero diventati 306,36 euro ottenendo un risultato complessivo pari al +5,03%, pari a 1.158 euro alla fine del periodo.

In questo caso abbiamo ridotto il nostro rendimento, ma non dobbiamo sottovalutare un ulteriore vantaggio ottenuto: tra il picco del 22 luglio 2011 e il minimo del 29 settembre 2011, infatti, i due indici azionari persero il 21% (euro) e il 16% (USA). Se ripensiamo al nostro investimento iniziale vuol dire un calo di circa 200 euro in pochi mesi! L'inclusione dei bond invece ci avrebbe permesso di limitare il calo a circa 120 euro per queste due componenti, ma anche di compensare il calo con un +4% dei bond, pari a una diminuzione di 105 euro circa dell'intero portafoglio.

E' vero quindi che abbiamo avuto un rendimento leggermente più basso, ma ci siamo arrivati con  meno "scossoni" rispetto alla seconda ipotesi: questo ci fornisce un vantaggio dal punto di vista psicologico, indubbiamente.

La diversificazione non si limita solo alle classi di investimento. Diversificare è importante anche nella scelta dei titoli: a meno che non abbiate qualità di selezione dei titoli fuori dal comune, o che non abbiate informazioni che gli altri non hanno, investire in un singolo titolo azionario vi espone al rischio di risultati molto divergenti da quelli dell'indice sottostante.
Tornando all'indice dell'eurozona scopriamo che nell'anno il suo livello è variato tra 63.38 e 91.87, con un rendimento a un anno di circa il -20%.  Ma i singoli titoli dell'indice cosa hanno fatto?

Mediaset ha fatto circa un -60%, Exor (la holding di FIAT) -22%, Finmeccanica -63%, Enel Green Power -40% circa, Luxottica +25%, Atlantia -27%, Telecom Italia -18%, Terna e Saipem -10%, ENI +7%, Enel -42%.

Ho volutamente preso titoli Italiani abbastanza conosciuti e che quindi potrebbero essere stati acquistati da qualsiasi piccolo investitore. Se fossimo stati fortunati avremmo potuto investire in Luxottica e Eni, chiudendo in positivo. Se fossimo stati sfortunati avremmo potuto investire in Mediaset e Finmeccanica.

Il vantaggio di investire in un ampio indice è invece quello di ottenere un risultato "medio" che ci mette al riparo da risultati "a sorpresa".

Tenendo a mente tutto questo, decidiamo di investire esattamente nei 3 mercati che abbiamo individuato (Titoli di Stato area Euro, Azioni area Euro, Azioni USA).  Ma con quali prodotti esattamente? E con quali proporzioni? Terrò la risposta per la terza parte di questa guida, anche in considerazione del fatto che questo post sta diventando davvero troppo lungo.

Prima di chiudere però, voglio tornare su altri due aspetti molto importanti: il monitoraggio del piano e la predisposizione di un "piano B" nel caso qualcosa andasse storto.

Supponiamo, infatti, che al 10° anno valutiamo che, grazie alla risalita delle borse, sia possibile raggiungere il nostro obiettivo con un rendimento del 2% nei prossimi 5 anni. Sappiamo che i Titoli di Stato a 5 anni rendono il 3%. Non ha alcun senso continuare a mantenere un'esposizione azionaria, e dovremmo vendere i 2 indici azionari e acquistare Titoli di Stato con data di scadenza pari alla data stimata della nostra passività.
Ricordiamoci sempre che lo scopo dell'investimento è quello di soddisfare esigenze future! Non prendiamo rischi non necessari.

Se invece, dopo lo stesso periodo, fossimo consapevoli che il rendimento ottenuto ci potrebbe rendere impossibile raggiungere il nostro obiettivo, dovremmo avere un piano B da mettere in atto. Un piano del genere potrebbe contenere le seguenti azioni:
  1. Uscire una volta in meno al fine settimana per alzare il risparmio.
  2. Vendere la seconda auto che potrebbe fruttarci 3.000 euro.
  3. Mandare il figlio a fare qualche lavoretto e costringerlo a tenersi da parte i soldi per il futuro.
Tutte cose relativamente semplici e facili da realizzare che possono però permetterci di far fronte a eventuali turbolenze dei mercati finanziari.

Nella terza parte del post vedremo la parte più difficile: come scegliere i propri strumenti e come valutare i nostri investimenti di lunghissimo periodo.

mercoledì 6 giugno 2012

Guida al Processo di Investimento. Parte Prima.

Faccio un passo indietro rispetto agli ultimi post che ho pubblicato.
Mi sono reso conto che forse sono partito mettendo un po' il carro davanti ai buoi... va bene parlare di rischio, di rendimento e così via, ma per qualcuno davvero alle prime armi può essere difficile rispondere anche alle domande di base: quanto e quando dovrei investire?

Le Penseur, di Rodin, in una foto di Chez Essay
Chiariamo innanzitutto quello che intendo io per investimento: l'investimento per me è cercare di far fruttare i propri risparmi in un'ottica di consumo di lungo periodo. Che siano gli anni nei quali si sposerà un figlio, nei quali pensiamo di comprarci la nostra prima casa o che sia a fini pensionistici io vedo il processo di investimento come qualcosa che deve essere affrontato con la giusta pazienza e perseveranza.

Un orizzonte di 1-2 anni non richiede investimenti, ma pone problemi di gestione della liquidità, che è ben diverso.
 
Partiamo dalla domanda "Quando devo investire?".
Per quanto la risposta sia banale, per investire è necessario riuscire a risparmiare. Se per qualsiasi motivo non riusciamo a risparmiare allora il primo obiettivo dev'essere quello di mettere sotto controllo i costi, cercando un equilibrio che ci lasci un margine di risparmio per il futuro.

Prima di poter investire in ottica di lungo periodo, però, è necessario crearsi un cuscinetto contro le traversie e gli imprevisti che ci possono capitare. La vita è piena di imprevisti. Un guasto improvviso all'auto, la rottura di un tubo in casa o un furto subìto possono farci smobilizzare investimenti in perdita o portarci all'indebitamento. E' sempre meglio evitare di indebitarsi per quanto possibile, e avere a disposizione un fondo per le emergenze equivalente ad almeno 6 mesi di spese è fondamentale, meglio se pari ad un anno.

Ancora più importante è non investire se prima non si sono chiusi tutti i debiti più costosi: carte di credito revolving, prestiti al consumo con taeg superiori al 10% e simili vanno azzerati quanto prima. Diverso il discorso per i finanziamenti personali a tassi minori  (bisogna valutare le proprie esigenze) e i mutui (che a seconda del momento possono anche costare meno di investimenti "sicuri").

La prossima domanda è "Quanto devo investire?". Una volta messi sotto controllo i costi e ottenuto un risparmio mensile, possiamo decidere di destinare una quota di quel risparmio all'investimento di lungo termine. A seconda delle esigenze, questa quota sarà tra il 50% e l'80% del nostro risparmio. Sarà importante garantire ogni mese almeno una certa somma da investire (200 euro? 150? 500?) ed essere costanti nel suo accantonamento.

Il passo successivo sarà quello di definire gli obiettivi dell'investimento. Per cosa stiamo investendo? Vogliamo garantirci una pensione tranquilla con i nostri capitali? Vogliamo costruire una grossa eredità per i figli? Costruiamoci un piano di investimento, anche di poche righe, partendo dagli obiettivi:
  1. Mi servono 15 mila euro per la nuova auto tra 3 anni.
  2. Voglio accantonare abbastanza per comprare una casa a mio figlio quando avrà 25 anni (cioè tra 15 anni)
  3. Voglio mettere da parte 400 mila euro per la mia pensione.
Qualsiasi cosa sceglierete è importante che gli obiettivi siano realizzabili. Riuscire ad accantonare 1 milione di euro tra 40 anni risparmiando 100 euro al mese vorrebbe dire ottenere un rendimento annualizzato di circa il 12%! Porsi un obiettivo troppo sfidante potrebbe costringerci a prendere rischi troppo elevati.

Una volta scelto l'obiettivo bisogna capire come raggiungerlo: nell'esempio precedente la cosa migliore da fare per l'auto è ragionare in ottica di gestione della liquidità, acquistando titoli sicuri o mettendo i soldi in conti deposito fino all'acquisto dell'auto. Per raggiungere il secondo e il terzo obiettivo bisogna determinare il rendimento atteso implicito nella nostra ipotesi.
Come fare?

Supponiamo di voler comprare a nostro figlio un bilocale che, nella nostra cittadina, costa 140.000 euro. Decidiamo che possiamo destinare a questo obiettivo 100 euro al mese per i prossimi 15 anni. Seguite il link a questo calcolatore di TIR online (Tasso Interno di Rendimento).

Compiliamo la tabella scegliendo 15 flussi di cassa, e mettendo in ognuno dei primi 14 il nostro investimento, pari a 1.200 euro. Nell'ultimo flusso di cassa, tra le entrate, mettiamo il valore del bilocale che pensiamo di comprare.
Se avete fatto tutto correttamente, dovreste vedere questo risultato:













































L'ultimo numerello è quello che ci interessa. Significa che per riuscire nel nostro intento dovremmo ottenere un rendimento annualizzato del 23% circa. A titolo di paragone basti sapere che il rendimento medio delle azioni è stato intorno a un 6% in termini reali nel corso dell'ultimo secolo, con i rendimenti dei bond staccati di alcuni punti percentuali.

A questo punto possiamo concludere che il nostro obiettivo è irrealizzabile! O aumentiamo la quota di risparmio o diminuiamo l'importo che siamo disposti a concedere a nostro figlio, che dovrà rassegnarsi a fare un mutuo per la parte restante!

Ma qual è un rendimento ragionevole per i nostri soldi? E' difficile rispondere, perchè i rendimenti passati non sono garanzia di rendimenti futuri. Quindi, pur avendo dati per un periodo storico abbastanza ampio (circa dal 1920) non si è in realtà in grado di stabilire quale sia un rendimento accettabile, anche alla luce dei mutamenti economici che il mondo sta vivendo in questi decenni.

Personalmente credo sia ragionevole utilizzare come stima il rendimento a 10 anni di uno dei "portafogli pigri" di MarketWatch. Tornerò in altri post su questi portafogli, ma per il momento ci basta sapere che si tratta di portafogli creati per chi ha un orizzonte di investimento di lungo periodo e che prevedono l'acquisto di molte classi di investimento (da 4 a 10), garantendo una buona diversificazione nel tempo. Tali portafogli pigri sono però tutti tagliati sull'investitore Usa. Che io sappia non è ancora disponibile in rete l'equivalente Europeo, ma nei prossimi post proverò a "convertirne" qualcuno dei più famosi.

Per una maggior cautela sceglierei come rendimento quello peggiore del gruppo che, al momento in cui scrivo, è del 5% circa. Facendo qualche esperimento con il calcolatore si nota che con un rendimento del 5,35% e un investimento di 100 euro mensili possiamo garantire a nostro figlio un anticipo di 28000 euro sulla sua casa. In alternativa, con lo stesso rendimento del 5,35%, avremmo bisogno di accantonare 500 euro al mese per 15 anni per potergli comprare la casa che desidera.

Se avete a disposizione Excel il calcolo diventa infinitamente più semplice: la funzione da utilizzare è TIR.X e attraverso lo strumento "Risolutore" potrete definire gli obiettivi e lasciare a Excel il compito di trovare i numeri esatti che soddisfano l'equazione.

Per il momento ci fermiamo qui: nella seconda parte del post vedremo quali sono i prossimi passi:
  1. Definire un livello di rischio per noi tollerabile
  2. Creare il nostro portafoglio.
Stay tuned!

lunedì 4 giugno 2012

Vendere a Maggio... una strategia valida?

Pochi giorni fa al TG, ho sentito dire che a maggio il FTSE MIB ha perso oltre il 12%.
Mi è subito venuto in mente uno dei vecchi motti degli investitori anglosassoni: "Sell in May and go away", che tradotto sarebbe "Vendi a Maggio e vattene".


Si tratta di un vecchio adagio che trae fondamento dal fatto che un investitore che vendesse le sue azioni a Maggio e le ricomprasse a Ottobre (Halloween Strategy) avrebbe fatto in media meglio di uno stesso investitore che comprasse in Maggio e vendesse in Ottobre.

Ci sono due studi abbastanza famosi su questo: uno è quello della società Ned Davis Research, che partendo da un investimento di mille dollari nel 1950 e arrivando a marzo 2012 ha calcolato che un investitore che avesse seguito la regola con lo S&P 500 avrebbe generato $75.000 circa vendendo a maggio e ricomprando contro i $1.032 ottenuti nel periodo opposto.

Numeri abbastanza convincenti? Aggiungo anche il link a uno studio di Bouman e Jacobsen aggiornato a dicembre 2002. Alla data dell'analisi degli autori si può notare come il rendimento medio dal 1970 al 1998 per l'Italia in estate sia stato del -4%. Quello invernale di circa il 13%
In particolare, a pagina 16 del pdf troverete un'immagine che mostra la differenza nella ricchezza accumulata dall'ipotetico investitore Italiano rispetto al suo gemello che si affida al "Compra e Mantieni":
Ricchezza maturata nel 1996 da un investotire che abbia seguito la regola dal 1973 al 1996.

Come si può notare il nostro ipotetico investitore sarebbe circa 6 volte più ricco.

Abbiamo trovato l'uovo di Colombo allora? Non esaltatevi prima del tempo: lo stesso articolo citato in precedenza aggiorna il conteggio della Ned Davis Research includendo 2 cose: l'investimento nei titoli di stato a breve mentre non si è investiti e il reinvestimento dei dividendi.. ebbene, il risultato è che  dal 1926 ad oggi seguendo la Halloween Strategy avrebbe ottenuto un più 8,4% e contro un più 5,1% dell'investitore che avesse fatto il contrario. Ma quel che emerge è che in realtà l'investitore che avesse semplicemente continuato con il suo B&H avrebbe ottenuto un +10% complessivo.

Come è possibile dunque che lo studio dei due autori citati prima non abbia considerato questi due semplici aspetti? Non è così: in realtà è considerato sia il reinvestimento dei dividendi, sia l'investimento in titoli di Stato a breve. E come per molti studi in finanza, scegliendo l'opportuno periodo è possibile dimostrare qualsiasi cosa si voglia.

Ci sono in realtà alcuni motivi abbastanza intuitivi per i quali non sono convinto di questa strategia (e di molte altre):
  1. Se una strategia funzionasse veramente aumenterebbe sempre di più il numero di persone che vi fanno ricorso. Questo porta inevitabilmente a una riduzione della sua efficacia. Immaginate che il 90% degli investitori seguisse questa regola: i prezzi scenderebbero talmente in basso a maggio (quando bisognerebbe vendere) che le perdite per chi vende sarebbero ingenti, e bisognerebbe ricomprare a Ottobre. A quel punto la domanda sarebbe tale da comportare un brusco aumento dei prezzi... in pratica si comprerebbe alto e si venderebbe basso. Non suona molto logico
  2. Vendere e comprare in continuazione ci porta a pagare le imposte. Se io muovo poco il mio portafoglio, invece, posso decidere quando pagare le tasse. Questo significa che con una strategia che mi consente di rimanere investito posso far sì che i soldi che dovrei allo Stato come imposta maturino altri interessi. Certo, prima o poi li pagherò, ma a quel punto avranno generato ulteriori guadagni che torneranno a mio vantaggio.
  3. Vendere e comprare in continuazione fa felici le banche grazie alle commissioni. Meglio evitare di farle troppo contente ;)

Alla fine si torna sempre al punto di partenza. Il modo migliore, a mio parere, per tenere sotto controllo il rischio è quello di non investire in classi di investimento rischiose più di quanto non possiamo permetterci di perdere e di controllare il nostro investimento solo per mantenere costante il livello di rischio.





venerdì 1 giugno 2012

L'illusione monetaria e le facili scorciatoie: ovvero come impoverire gli Italiani senza che se ne accorgano...

Pazza idea di oggi di Silvio Berlusconi (in una foto di Roberto Gimmi): risolviamo i problemi stampando moneta.

Una soluzione che sembra semplice e indolore per tutti... che saranno mai un po' di Euro in più in circolo? Peccato che la teoria economica ci spieghi come all'aumento delle masse monetarie corrisponda l'aumento dell'inflazione.

L'inflazione è qualcosa che un po' tutti gli Italiani conoscono.. ma forse non tutti si sono mai fermati a riflettere su quanto il rischio di fiammate inflattive sia in realtà pericolosissimo per i nostri risparmi.

Facciamo un piccolo gioco "storico", con l'aiuto della rete:
Se cliccate questo link troverete un listino dei prezzi delle auto nel 1959-1960.
Prendiamo un'utilitaria dell'epoca, la Fiat 1100. Questa auto costava 1.050.000 lire e possiamo classificarla in quello che oggi chiameremmo segmento B. In tale segmento, la stessa Fiat propone oggi la Nuova Punto in allestimento base a 11.650 euro, che possiamo convertire in 22.557.545 Lire. In pratica il costo della nostra utilitaria si è moltiplicato di 21 volte circa in 52 anni.

Dal momento che il risparmio serve a consumare in un secondo momento, proviamo un attimo a chiederci cosa sarebbe successo se il nostro nonno avesse messo da parte la stessa somma con l'idea di farci un regalo arrivati ai 18 anni, nel 2012. Il nostro nonno, per riuscire a comprarci l'auto senza spendere una lira di più, avrebbe dovuto ottenere un rendimento sul suo investimento del 6,07% annualizzato!

Questo ci dice, tra l'altro, che qualsiasi investitore che nello stesso periodo non ha ottenuto almeno quel rendimento ha, in realtà, perso soldi in termini reali. E' come se il nonno fosse partito per regalarci la Punto nuova fiammante e si fosse dovuto accontentare della fine serie del momento... non sarebbe un regalo altrettanto apprezzato, probabilmente.

Il grosso rischio che si corre, nel caso si decida di stampare moneta, è proprio questo: un generale impoverimento in termini reali della popolazione. E, per inciso, dato che il grosso del debito pubblico è in termini nominali, un abbattimento "gratuito" del debito pubblico. In pratica è un modo "oscuro" di portare via soldi ai cittadini, che se ne accorgerebbero solo a danni già subiti probabilmente.

Come ci si può difendere dal rischio inflazione dunque? Va ricordato che i Titoli di Stato sono per la maggior parte a rendimenti nominali, e che quindi non offrono alcuna protezione contro eventuali fiammate inflattive. Quelli un po' più grandi ricorderanno con piacere il periodo in cui i BOT avevano rendimenti a doppia cifra.. negli stessi anni l'inflazione viaggiava solitamente più alta del rendimento offerto dai BOT e quindi mentre alle persone che vi investivano sembrava di arricchirsi, in realtà ci si impoveriva in termini reali. Questo fenomeno viene chiamato illusione monetaria.

Ci sono una serie di classi di investimento che, nel tempo, tendono a proteggere il potere di acquisto dall'erosione dell'inflazione: le azioni e le case sono le due principali. Vedremo in altri post come in realtà queste classi di investimento proteggano dall'inflazione solo in maniera imperfetta, in quanto può accadere che per alcuni periodi i rendimenti si discostino significativamente dall'inflazione.

Vi sono poi dei nuovi Titoli di Stato: Btp-i, Oat€i, Bund€i. Sono tutti titoli (rispettivamente Italiani, Francesi e Tedeschi) che garantiscono un rendimento pari all'inflazione rilevata attraverso l'indice dei prezzi al consumo europeo più un ulteriore rendimento reale.
Concettualmente simili sono poi i Buoni Fruttiferi Postali indicizzati all'inflazione che sono, tuttavia, legati all'inflazione italiana. I rendimenti dei buoni sono solitamente più bassi di quelli dei Titoli di Stato, ma presentano il vantaggio di essere sempre rimborsabili al valore nominale maggiorato degli interessi maturati, eliminando quindi il rischio di vendere in momenti sfavorevoli.

Vi sono, infine, bond corporate indicizzati all'inflazione. 

Dal momento che il post sta diventando decisamente troppo lungo mi fermerò qui per ora. Ma un consiglio per tutti noi:
  1. Non cadere nella facile illusione che stampare moneta basti per risolvere tutto
  2. D'ora in poi pensiamo sempre a come stiamo proteggendo il nostro portafoglio da fiammate inflattive. Se non abbiamo nessuna delle classi di investimento menzionate è altamente probabile che in caso di uno shock inflattivo saremo più poveri in futuro.
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