Il 13 Dicembre 2013 la Banca d'Italia ha pubblicato un supplemento al suo bollettino statistico che analizza la ricchezza degli italiani.
Quando mi sono messo a leggere il bollettino (su gentile segnalazione del nostro lettore Killerinpensione) la cosa che mi ha colpito di più è stata la ripartizione di questa ricchezza:
Il grafico che vi ho riportato riporta esclusivamente gli asset finanziari. Non vi sono incluse le abitazioni (che rappresentano la parte maggiore della ricchezza).
A voi sembra una ripartizione folle? A me sì.
Colpisce molto come l'investimento principale degli italiani sia il cash... sia sotto forma di denaro contante che di depositi bancari. Nella colonna che vedete ho aggregato sia il denaro in forma contante, sia i depositi bancari e il risparmio postale.
Quasi 1200 miliardi di euro sono detenuti dagli Italiani in forma liquida. Sospetto che buona parte di questi sia in conti deposito che per molti Italiani sono diventati uno dei mezzi principali di risparmio, mentre un'altra buona fetta è probabilmente su conti bancari normali che non rendono nulla.
Considerando che da una breve ricerca via internet il conto deposito più remunerativo rende il 3,5% lordo capiamo subito come ad oggi una grossa fetta degli investimenti delle famiglie sia investita in strumenti con rendimento basso.
Un'altra grossa fetta di capitale è investita in quote societarie.. si tratta delle imprese non quotate, dalla Ferrero al fornaio sotto casa... qui non c'è molto da commentare, è un bene che questi 750 miliardi e rotti siano qui.
Altri 700 miliardi sono invece investiti in obbligazioni e prestiti sociali, di cui circa 180 miliardi in BTP e affini e ben 370 miliardi in obbligazioni bancarie detenute direttamente.
Temo che la gran parte degli investitori non abbia diversificato né gli emittenti, né le scadenze, finendo "preda" di consigli allo sportello.
Non è mia intenzione mettere in dubbio la solidità di questa o quella banca, intendiamoci. Quello che vorrei far passare è il semplice concetto della diversificazione: un qualsiasi titolo emesso da un'azienda privata non è sicuro quanto l'analogo titolo di Stato (ed è uno dei motivi per cui in condizioni normali rendono di più).
Concentrare i propri risparmi su un solo emittente privato, magari lo stesso del conto deposito, è una situazione che crea del rischio non necessario.
Anche la semplice suddivisione del rischio su più emittenti nazionali non è sufficiente, a mio parere, per fornire una diversificazione ottimale: a fronte di una crisi sistemica è difficile credere che (sempre ipoteticamente parlando) Unicredit abbia dei problemi e invece Intesa e Popolare di Milano no, tanto per fare un esempio.
I fondi comuni hanno i loro limiti e bisogna sapere che cosa si sta tenendo in portafoglio, ma la diversificazione degli emittenti che sono in grado di fornire con l'acquisto di una sola quota è uno dei maggiori benefici e meriterebbe di essere tenuto adeguatamente in considerazione!
Questo è specialmente vero nel caso di quei risparmiatori che rinnovano di scadenza in scadenza un portafoglio di obbligazioni bancarie. Se abbiamo in portafoglio 3 obbligazioni della nostra banca per importo analogo, una che scade nel 2017 (e supponiamo di duration 2.5), una che scade nel 2020 (duration 5) e una nel 2023 (duration 7, supponiamo) e ad ogni scadenza ne acquistiamo una che scade 10 anni più in là, non è diverso da detenere un fondo comune visto l'impatto che hanno i movimenti dei tassi di interesse sul loro valore.
Nello specifico sarebbe equivalente a detenere un fondo comune di duration (2.5/3+5/3+7/3)= 4,83, ovvero un fondo su scadenze intermedie.
Vi è tuttavia una maggior sicurezza psicologica data dal sapere di avere un rimborso certo a una determinata scadenza. Lo stesso beneficio si può ottenere suddividendo su due fondi comuni le somme. Se mettessimo 1/3 in un fondo con duration 1 e 2/3 in un fondo con duration di circa 7 otterremmo un portafoglio con una rischiosità complessiva simile a quella delle 3 obbligazioni singole, ma con 1/3 del portafoglio investito in obbligazioni a breve che non dovrebbero subire scivoloni maggiori di 1-2 punti percentuali anche nei casi peggiori.
Il vantaggio sarebbe tuttavia quello di godere di una più ampia diversificazione e quindi di minori rischi in caso di crac di singoli emittenti (Parmalat o Lehman Brothers vi dicono qualcosa?).
Il discorso fatto per i fondi comuni è valido anche per gli ETF.
Importante anche il valore degli asset gestiti dalle compagnie di Assicurazione, circa 700 miliardi, che comprende anche i fondi pensione. In questo caso vale sempre il nostro warning sui costi: fate attenzione ai caricamenti delle polizze.
Se di 100 euro di premio venti se ne vanno in commissioni, capite subito che prima di avere un rendimento positivo il vostro portafoglio assicurativo deve fare un +25% (80+ 80*25%=100). E' uno dei motivi per i quali dovete sempre fare molta attenzione ai costi della vostra polizza vita o del vostro pip!
Arriviamo infine alle note dolenti.. solo 266 i miliardi investiti nei fondi comuni da parte delle famiglie italiane. La cosa si fa ancora più triste nel momento in cui realizziamo che la Banca d'Italia include anche gli ETF nell'aggregato dei fondi comuni (si veda questa pubblicazione).
Considerando che la ricchezza totale delle famiglie è di circa 3600 miliardi di euro, meno del 10% della ricchezza complessiva è investita negli strumenti che possono garantire la miglior diversificazione all'investitore a fronte di costi relativamente contenuti (specialmente nel caso degli ETF).
A nostro parere questa è una vera anomalia. Sarebbe interessante capire le ragioni di questa particolare avversione al risparmio gestito e può essere che una parte sia dovuta anche a cattive esperienze passate. Il problema è che si rischia di rifiutare una intera classe di strumenti solo perchè magari siamo stati male consigliati in passato su alcuni di essi... d'altronde se il medico sbaglia una diagnosi cambiamo medico, non smettiamo certo di prendere medicinali no?
Non si capisce perchè in questo caso non si possa cambiar promotore o consulente finanziario invece che ignorare completamente una classe di prodotti che garantiscono:
Anche con solo 10.000 euro potrete arrivare a detenere quote di 1.000-2.000 imprese diverse e questo ridurrà fortemente il rischio di perdite rilevanti e permanenti (anche se non ridurrà i momentanei scivoloni insiti nell'investimento azionario).
A voi sembra una ripartizione folle? A me sì.
Colpisce molto come l'investimento principale degli italiani sia il cash... sia sotto forma di denaro contante che di depositi bancari. Nella colonna che vedete ho aggregato sia il denaro in forma contante, sia i depositi bancari e il risparmio postale.
Quasi 1200 miliardi di euro sono detenuti dagli Italiani in forma liquida. Sospetto che buona parte di questi sia in conti deposito che per molti Italiani sono diventati uno dei mezzi principali di risparmio, mentre un'altra buona fetta è probabilmente su conti bancari normali che non rendono nulla.
Considerando che da una breve ricerca via internet il conto deposito più remunerativo rende il 3,5% lordo capiamo subito come ad oggi una grossa fetta degli investimenti delle famiglie sia investita in strumenti con rendimento basso.
Un'altra grossa fetta di capitale è investita in quote societarie.. si tratta delle imprese non quotate, dalla Ferrero al fornaio sotto casa... qui non c'è molto da commentare, è un bene che questi 750 miliardi e rotti siano qui.
Altri 700 miliardi sono invece investiti in obbligazioni e prestiti sociali, di cui circa 180 miliardi in BTP e affini e ben 370 miliardi in obbligazioni bancarie detenute direttamente.
Temo che la gran parte degli investitori non abbia diversificato né gli emittenti, né le scadenze, finendo "preda" di consigli allo sportello.
Non è mia intenzione mettere in dubbio la solidità di questa o quella banca, intendiamoci. Quello che vorrei far passare è il semplice concetto della diversificazione: un qualsiasi titolo emesso da un'azienda privata non è sicuro quanto l'analogo titolo di Stato (ed è uno dei motivi per cui in condizioni normali rendono di più).
Concentrare i propri risparmi su un solo emittente privato, magari lo stesso del conto deposito, è una situazione che crea del rischio non necessario.
Anche la semplice suddivisione del rischio su più emittenti nazionali non è sufficiente, a mio parere, per fornire una diversificazione ottimale: a fronte di una crisi sistemica è difficile credere che (sempre ipoteticamente parlando) Unicredit abbia dei problemi e invece Intesa e Popolare di Milano no, tanto per fare un esempio.
I fondi comuni hanno i loro limiti e bisogna sapere che cosa si sta tenendo in portafoglio, ma la diversificazione degli emittenti che sono in grado di fornire con l'acquisto di una sola quota è uno dei maggiori benefici e meriterebbe di essere tenuto adeguatamente in considerazione!
Questo è specialmente vero nel caso di quei risparmiatori che rinnovano di scadenza in scadenza un portafoglio di obbligazioni bancarie. Se abbiamo in portafoglio 3 obbligazioni della nostra banca per importo analogo, una che scade nel 2017 (e supponiamo di duration 2.5), una che scade nel 2020 (duration 5) e una nel 2023 (duration 7, supponiamo) e ad ogni scadenza ne acquistiamo una che scade 10 anni più in là, non è diverso da detenere un fondo comune visto l'impatto che hanno i movimenti dei tassi di interesse sul loro valore.
Nello specifico sarebbe equivalente a detenere un fondo comune di duration (2.5/3+5/3+7/3)= 4,83, ovvero un fondo su scadenze intermedie.
Vi è tuttavia una maggior sicurezza psicologica data dal sapere di avere un rimborso certo a una determinata scadenza. Lo stesso beneficio si può ottenere suddividendo su due fondi comuni le somme. Se mettessimo 1/3 in un fondo con duration 1 e 2/3 in un fondo con duration di circa 7 otterremmo un portafoglio con una rischiosità complessiva simile a quella delle 3 obbligazioni singole, ma con 1/3 del portafoglio investito in obbligazioni a breve che non dovrebbero subire scivoloni maggiori di 1-2 punti percentuali anche nei casi peggiori.
Il vantaggio sarebbe tuttavia quello di godere di una più ampia diversificazione e quindi di minori rischi in caso di crac di singoli emittenti (Parmalat o Lehman Brothers vi dicono qualcosa?).
Il discorso fatto per i fondi comuni è valido anche per gli ETF.
Importante anche il valore degli asset gestiti dalle compagnie di Assicurazione, circa 700 miliardi, che comprende anche i fondi pensione. In questo caso vale sempre il nostro warning sui costi: fate attenzione ai caricamenti delle polizze.
Se di 100 euro di premio venti se ne vanno in commissioni, capite subito che prima di avere un rendimento positivo il vostro portafoglio assicurativo deve fare un +25% (80+ 80*25%=100). E' uno dei motivi per i quali dovete sempre fare molta attenzione ai costi della vostra polizza vita o del vostro pip!
Arriviamo infine alle note dolenti.. solo 266 i miliardi investiti nei fondi comuni da parte delle famiglie italiane. La cosa si fa ancora più triste nel momento in cui realizziamo che la Banca d'Italia include anche gli ETF nell'aggregato dei fondi comuni (si veda questa pubblicazione).
Considerando che la ricchezza totale delle famiglie è di circa 3600 miliardi di euro, meno del 10% della ricchezza complessiva è investita negli strumenti che possono garantire la miglior diversificazione all'investitore a fronte di costi relativamente contenuti (specialmente nel caso degli ETF).
A nostro parere questa è una vera anomalia. Sarebbe interessante capire le ragioni di questa particolare avversione al risparmio gestito e può essere che una parte sia dovuta anche a cattive esperienze passate. Il problema è che si rischia di rifiutare una intera classe di strumenti solo perchè magari siamo stati male consigliati in passato su alcuni di essi... d'altronde se il medico sbaglia una diagnosi cambiamo medico, non smettiamo certo di prendere medicinali no?
Non si capisce perchè in questo caso non si possa cambiar promotore o consulente finanziario invece che ignorare completamente una classe di prodotti che garantiscono:
- Accesso facile e immediato a tutti i mercati mondiali
- Accesso facile e immediato a tutte le asset class esistenti.
- Grande diversificazione degli emittenti (e quindi ridotto rischio di perdita di capitale per fallimenti)
Pensateci, e magari cercate di rivedere un po' la vostra allocazione se, come per molte famiglie, solo il 10% dei vostri risparmi è investito in questi strumenti.
Arriviamo infine alle azioni: solo 70 miliardi circa detenuti in questo strumento.
Valgono anche qua le considerazioni già viste per le obbligazioni bancarie: a meno che non vi riteniate il nuovo Buffet, il nuovo Peter Lynch o il nuovo Graham, fatevi una cortesia investendo in azioni attraverso i fondi comuni o gli etf.
Anche con solo 10.000 euro potrete arrivare a detenere quote di 1.000-2.000 imprese diverse e questo ridurrà fortemente il rischio di perdite rilevanti e permanenti (anche se non ridurrà i momentanei scivoloni insiti nell'investimento azionario).
Vorrei chiudere invece con un grafico sull'asset allocation delle famiglie italiane.
I dati per la ripartizione di polizze e fondi comuni sono stati presi da questa analisi della banca d'Italia e mostrano come in media il 76% delle somme nei fondi comuni siano investite in strumenti obbligazionari, così come il 67% di quanto investito nelle polizze.
L'allocazione è notevolmente conservativa. Nel nostro post sul perchè investire in azioni abbiamo cercato di spiegarvi i benefici di questa tipologia di investimenti.
Non posso che rimandarvi alla lettura di quell'articolo oppure della parte della guida all'investimento che riguarda la selezione della quota azionaria ottimale.
Buona lettura.